Poeta italiano. Sposò Beatrice, figlia di Farinata
degli Uberti. Sebbene fosse di famiglia magnatizia, e non potesse perciò
aver posto nel governo borghese di Firenze, partecipò attivamente alle
lotte tra Bianchi e Neri e venne bandito dalla città il 24 giungo 1300,
quando tra i Priori era Dante Alighieri, suo caro amico. Questi gli aveva
dedicato la
Vita nuova. Il
C. ebbe fama di uomo schivo, amante
della vita solitaria, un pò eretico; tale rimase nel ricordo popolare e
il Boccaccio stesso in una sua novella afferma che era dedito "a cercare se
trovar si potesse che Iddio non fosse". Anche se non fu ateo, il
C. fu
certo imbevuto di eresia e di filosofia araba, come dimostra la sua teoria degli
spiritelli nei quali, per lui, prendeva consistenza ogni moto dell'animo.
Il
C. fu poeta lirico tra i maggiori dello Stil Nuovo; agli influssi del
Guinizelli circa la concezione dell'amore, aggiunse l'apporto della sua vasta
cultura filosofica e, nella canzone
Donna mi prega, compose un testo di
dottrina che venne commentato dai filosofi platonici del Rinascimento. Al di
fuori di questa posizione di scuola e dottrinaria, vibra nella sua poesia un
mondo appassionato pieno di chiaroscuri e di incertezze, in cui compiutamente si
esprime il suo spirito irrequieto. Tra i suoi versi migliori la ballata
Perch'io non spero, estremo addio alla donna amata, dall'esilio. Le sue
liriche sono raccolte in un volume di
Sonetti e canzoni (Firenze 1255
circa -1300).